venerdì 23 dicembre 2011

Napomachò

Oggi mi sento molto critico. In senso greco, dal verbo krino, ossia giudicare, scegliere. Ergo, sceglierò di sottoporvi un trailer di un film e l'analisi di un videogioco del passato. E niente disegni, stasera, ragazzi. Solo link a video stupidi.
Il trailer in questione è il sequel di un remake. Orribile da sentire, nevvero? Tentare il colpo grosso è qualcosa di difficile, soprattutto con un film del passato come Scontro fra Titani; eppure, nonostante il colossale flop (eguagliato, secondo me, solo da Eragon, e gli sta bene) vediamo profilarsi sugli schermi un nuovo episodio tutto nuovo: Wrath of the Titans.
Vediamo il fantastico Liam Neeson (inutile dire che per me lui resta sempre Qui-Gon Jinn) ancora una volta nei panni di Zeus, e al solito quel tizio che interpreta qualcosa che dovrebbe essere simile a Perseo. Ma che, ovviamente, non lo è. Al solito c'è una tipica donna in vesti succinte dalle capacità belliche paragonabili solo all'irrefrenabile desiderio sessuale che ispira nei protagonisti maschili. Al solito, ci sono epiche scene di battaglia che non stanno né in cielo né in terra. E ovviamente, gli spazi e i tempi vengono impiegati liberamente. Già in Scontro fra Titani si affronta un viaggio di chilometri e chilometri in un fotogramma, senza alcun ritegno.
Che dire? Non basterà fare mostri più fighi. Sono rimasto lievemente impressionato dai mostri rivelati nel trailer, ma non basterà a comprare il mio assenso. Speriamo che un sequel, meno legato al suo precedente a motivi di copione e di sceneggiatura, risulti meno penoso, meno peplum, se tale si può definire, e soprattutto meno film d'azione americano.
Avviciniamoci invece ai videogiochi del passato. Passato in diversi sensi, perché sto parlando di una delle chicche della mia pre-adolescenza, un mio rito di iniziazione alla violenza videoludica e una violenza indiscriminata alla storia romana.
Sto parlando di Shadow Of Rome, videogioco per Playstation 2 di origini più giapponesi che italiane. Questo piccolo capolavoro della violenza gladiatoria riprende canoni già famosi di violenza nella storia greco-romana con chiari riferimenti a violenza strappa-arti di rilievo internazionale come God of War, la saga del guerriero spartano che noi tutti conosciamo per il suo alto grado di sensibilità verso la libertà del sangue altrui di circolare al di fuori dei propri vasi sanguigni.
Shadow of Rome strizza l'occhio, contemporaneamente, anche ad un altro più famoso trionfo videoludico, un classico che dubito che avrete dimenticato: Metal Gear Solid. Shadow of Rome è solo un aspirante alla gloria, e tenta continuamente la scalata alla fama attraverso fasi di combattimento brutale alternate a missioni stealth dove Ottaviano, il futuro Augusto, si traveste da donna, da soldato e da quant'altro per scoprire l'assassino di Cesare.
Molto altro si potrebbe dire su questo gioco, ma il suo esoterismo assurdo nella scelta delle armi (la Magnus su di tutte: uno spadone lungo due metri e mezzo e largo uno) e dei boss nemici (una donna calva accompagnata da corvi talebani, un pigmeo a cavallo di un elefante da guerra e Morgan) supera ampiamente qualsiasi altro gioco. In particolare, i due folli gemelli watussi egiziani armati di lance, Zedo e Gedo. Ricordo ancora le loro folli acrobazie e quanto fosse impossibile per me e per i miei amici affrontare quei due bastardi. Poi, come se non bastasse, le loro incomprensibili frasi senza senso, come Makalè, Napomachò e quella che chiamavamo senza particolari motivi la Carica Svedese, una mossa combinata eseguita urlando come due checche isteriche. Terrificante, davvero. Però il gioco forniva ampio margine di sollazzo e di relax nello smembramento sistematico nei nemici in centomila modi diversi, ognuno migliore dei precedenti. I nomi delle combo, o raffiche, come venivano chiamate, erano anche piuttosto suggestivi.
Non trovo altro da dire. Però vorrei giocarci di nuovo.
E così il post si chiude, senza particolari conclusioni, se non un grido di battaglia nella notte e un Napomachò che preannuncia il silenzio.

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